Un autopubblicato non ha controllo (potrebbe anche essere bravissimo, ma si prederebbe tra tutti gli altri), ma può permettersi di far pagare poco una sua pubblicazione.
Una casa editrice fornisce (dovrebbe) un buon servizio di editing e correttura di bozze, ma deve pagare chi fa il lavoro e può permettersi di farlo per un'opera che, appena aperta, non ti faccia venire voglia di buttare tutto nel macero.
E' un cane che si morde la coda... e non c'è una via di mezzo, se non nel convincere gli aspiranti scrittori che "raccontare una storia" non è facile e che ci vuole studio ed esperienza... studio e di esperienza che non tutti hanno.
CITAZIONE
Il che sarebbe un ottimo modo di fare concorrenza all'auto pubblicazione, un ottimo modo per aumentare le possibilità di scrittori emergenti, un modo per le case editrici di "testare" gli scrittori emergenti prima di investirci nella stampa (o magari sfruttarli addossando ad essi i costi di stampa).
In che senso "addossando ad essi i costi di stampa"?
Se si tratta di far pagare agli autori la pubblicazione... allora si parla di "vanity press" (e continuo a chiedermi perché non abbiamo mantenuto la definizione inglese, che rende molto più l'idea di cosa l'editoria a pagamento sia veramente).
Nessun editore che guadagna facendo pagare tutto allo scrittore si preoccuperà mai di compiere un valido lavoro sul testo.
Tanto vale autopubblicare, che si risparmia e si ottiene lo stesso prodotto... e torniamo da capo
Alla fine dei conti, non si tratta di concorrenza di un sistema (editoria classica) con un altro (autopubblicazione). Tanto il lettore, alla fine, si lascia abbindolare una volta... poi ci va con i piedi di piombo, sia che si tratti di case editrici che di autopubblicati.
La diffusione di scrittori usa e getta (quasi tutti gli autori del bestseller del momento e che, alla fine della fiera, non saranno né ricordati né ristampati) ha creato un mercato della lettura facile che non permette più di soppesare pienamente un prodotto e, se valido, valorizzarlo con cura sfuttando editing & co.
Il vero problema (per l'Italia almeno, non so se all'estero esista un fenomeno così diffuso come da noi) è che si ritiene la scrittura una cosa banale, facile e intoccabile in quanto "arte".
Mentre scrivere è un mestiere come gli altri, che necessita di studio (della propria lingua in primis e degli argomenti di cui si parla), esercizio (scrivere, tanto e non pensare che il primo libro scritto meriti a priori una pubblicazione), esperienza nella vita (la media dell'età degli autori editi negli USA è intorno ai 35 anni... prima non puoi avere abbastanza esperienza per raccontare qualcosa) e un vasto bagaglio di libri letti.
Leggendo si impara a scrivere, a usare i giusti segni di interpunzione, a strutturare un testo e a renderlo scorrevole, si scoprono idee (e si scopre che, gira e rigira, è già stato scritto tutto), si apprendono trucchi e così via.
La facilità con cui qualcuno può pubblicare un libro non fa altro che trasformare gli archivi di fanfiction in "digital store" dove speri che qualcuno accetti il rischio di spendere soldi per leggere uno sconosciuto solo in base a commenti entusiasti di amici e conoscenti.
Un autopubblicato può farlo, partendo svantaggiato si dall'inizio ma (spero) non perdendoci nulla.
Un'impresa coma una casa editrice non fa questo salto di fede, soprattutto se il materiale non è buono e, visto il mercato di cui sopra, spesso non lo fa neppure se non è certa che la roba che ha tra le mani venda nell'immediato.