CITAZIONE
Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con "L'Arminuta" fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell'altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all'altro perde tutto - una casa confortevole, le amiche più care, l'affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l'Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c'è Adriana, che condivide il letto con lei. E c'è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L'accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. Donatella Di Pietrantonio conosce le parole per dirlo, e affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, da una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua terra, a quell'Abruzzo poco conosciuto, ruvido e aspro, che improvvisamente si accende col riflesso del mare.
Copertina rigida: 162 pagine
Editore: Einaudi (14 febbraio 2017)
Collana: Supercoralli
Lingua: Italiano
ISBN-10: 880623210X
ISBN-13: 978-8806232108
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E' il libro più bello che ho letto quest'anno.
Letto in un giorno, straordinario, non riuscivo a staccarmi. È un romanzo intenso, sorprendente, costruito sul dolore della perdita, che affronta in modo profondo la complessità dei rapporti familiari e lo sradicamento di un'adolescente. Mi ha colpito la grande forza con cui l'Arminuta, orfana di due madri viventi, affronta il mondo che crolla sulle sue spalle. Silenziosamente combatte, non si piega al destino, ma tenta di salvare insieme a sè anche la sorella. Unite diventano invincibili. La speranza viene dai più giovani e indifesi, mentre gli adulti appaiono vittime rassegnate del degrado.
L'intensità della narrazione è pari alla bravura stilistica della scrittrice, che racconta la silenziosa ricerca di una verità inspiegabile con parole scabre, asciutte, con frasi spezzate, aspre e pungenti. Un linguaggio essenziale, duro come dura era la vita per una famiglia povera nell'Abruzzo degli anni 70. Una scrittura sintetica, affilata e tagliente come una lama, che trasmette emozioni e sogni infranti, parla di figli e genitori, di incontri e di abbandoni, con equilibrio e dignità.
"Mia sorella. Come un fiore improbabile, cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia. Da lei ho imparato la resistenza. Ora ci somigliano di meno nei tratti, ma è lo stesso il senso che troviamo in questo essere gettate nel mondo."
«Ero l'Arminuta, la ritornata. Parlavo un'altra lingua e non sapevo piú a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo.Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre.Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza».
"Non hai colpa se dici la verita'. E' la verita' ad essere sbagliata"Edited by Mari83 - 27/7/2022, 17:12