| è dura trovare un testo migliore, perché, a parte 3 orribili, il resto erano tutti fantastici o quasi. Pur non potendo scegliere quelli che per me sono tutti migliori, li cito qui sotto per sgravarmi la coscienza e segnalarli.
-Ninfee nere di Bussi. Pensavo fosse un giallo, ma sono stata piacevolmente imbrogliata. il romanzo di una vita, di tre donne, di un tempo che non vuole passare (come il cane) e di sentimenti che si muovono su uno stagno. Mi hanno incuriosito tutti i riferimenti a Monet e li ho approfonditi, è stato davvero interessante! Grazie per il bel consiglio di lettura, ne tenterò altri di Bussi senz'altro! -Piero fa la Merica di Malaguti. Malaguti ha degli stilemi narrativi che parlano di nostalgia, di innocenza perduta, di un tempo spezzato che cerca di tornare, invano, se non nell'anima propositrice dei suoi personaggi. Questo romanzo si sofferma a parlare dell'Italia del nord, zona veneta, di povertà assoluta e di un sogno: la Merica e la sua terra. Parla di una ragazzino che troppo presto guarda in un nido di merli e si assume la colpa di uccidere pulcini implumi per mangiarli con la povera polenta, esonerando il fratellino dal farlo. E quel senso di innocenza uccisa lo perseguiterà pure nel Brasile vero, terribile, possibile, doloroso, sia per lui, che per i coloni, che per i "bulgre". E ci sarà sangue, perdite, dolori, ma la sua storia si chiuderà quasi con un cerchio perfetto: con un bagliore che, spento, ne accenderà molti altri. L'uso del dialetto veneto nella narrazione e la cadenza quasi dialettale della vicenda regala uno scorcio sull'emigrazione dei nostri italiani. Non a caso in Brasile si parla il Talian a tutt'oggi e per chi mastica il dialetto veneto perfettamente comprensibile. Si comprende anche la sofferenza dei popoli amazzonici, vittime dei cacciatori bianchi, che, sorpresa, di recente hanno vinto una battaglia legale contro lo stato brasiliano per tenersi le loro terre. Adoro Malaguti e ne leggerò altri di suoi. - Il nome della rosa di Eco. Che dire? una meraviglia, soprattutto dopo aver letto il commento ragionato che l'autore stesso ne ha fatto. Lui voleva un narratore ignorante, voleva un labirinto semantico, non voleva un giallo fine a se stesso, ma un ambiente dinamico, culturale, religioso, intensissimo in cui addestrare un nuovo tipo di lettore. E con un gioco di specchi (il ritrovamento del manoscritto poi esso ricitato e ripreso-Adso che da vecchio ricorda quel periodo e a volte i due Adso coincidono, in altre uno giudica l'altro o le persone dell’epoca in altra luce rispetto la sua versione giovane). Potente è l’immagine della biblioteca e del labirinto (che Eco dice d'aver pensato per molto tempo), ma questo giro (è la terza rilettura), ho apprezzato la parentesi religiosa e tutti i dialoghi sulla fede, sui semplici, sulle verità religiose e sulla loro interpretazione, in lato e in basso. Ma pure il discorso dei lebbrosi, che vale anche per la politica di oggi. Lo ricordavo pesante, ma l'ho sbranato, perché il gioco narrativo è diabolico: scoprire chi era Dolcino a piccole dosi, di rivelazione in rivelazione. vedere come la fede crea lussuria e interpretazioni opposte dello stesso messaggio, ci fa capire che non si smetterà mai di discutere di fede (un prete ha dato a papa Francesco dell'usurpatore di recente!). ho apprezzato che un testo così pregno fosse leggibilissimo, in tutte le sue sfumature. Nota di colore divertente: l'ho preso dalla biblioteca e chi c'era prima di me aveva segnato dialoghi, indizi e punti esclamativi. è stato quasi divertente seguire la falsariga del lettore-detective precedente! -Follia di Mcgrath, potente, magnifico, così morbosamente teso verso una sensualità e un'amore, che è passione, ragione, errore... il punto di vista è bello perché è già viziato, raccoglie dati da una donna che, seppur passionalmente perduta, conosce bene i suoi polli psichiatri. E ti domandi chi fosse il vero malato, lei nella sua lucida follia, il suo amante artista folle ma potente nell'interpretazione di lei, il marito debolissimo, il bambino fuori posto o l'amico che, credendosi professionale, ha sbagliato più di tutti. Che forza questo romanzo, che intensità emotiva, che torbidi i pozzi di depravazione, amore od orrore che esplora! Stupendo! Leggerò di sicuro altro di suo. -Conclave di Harris. romanzo potente, con un intreccio avvincente, dati storici ben inseriti in una trama che nemmeno ci si aspetterebbe, al cardiopalma. Un conclave non è mai stato così interessante. Ne leggerò altri di suoi.
Sono tutti romanzi magnifici, ma mi sento di far vincere, per la sua ponderosità intellettuale, la sua ambientazione totalizzante, ma pure per la sua complessa e articolata semplicità, Il nome della rosa di Eco
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