In questi giorni in forum sti sta facendo la lettura di gruppo su questo libro, Il manoscritto.
Alcuni di noi hanno già concluso la lettura (io e
A Cavallo per il momento) e la conclusione, almeno per quanto mi riguarda, mi ha lasciata a bocca aperta. Da ieri praticamente non faccio altro che pensare a questo libro. Molte cose che apparentemente sembrano incompiute e lasciate al caso o all'immaginazione del lettore hanno in realtà una spiegazione. E la chiave di lettura è talmente semplice e talmente davanti ai nostri occhi che quasi quasi non la vediamo.
La prefazione diventa questa chiave di lettura. Lì c'è scritto tutto, l'autore si diverte a giocare con il lettore, dando sin da subito tutte le risposte che diventano quasi ovvie. Ma il lettore, catturato da una scrittura estremamente scorrevole, avido di sapere come il libro va a finire alcune cose le lascia per strada senza accorgersene. Poi arriva alla fine e rimane con una marea di dubbi. Allora pensa:
Ho buttato i miei soldi. Ho dedicato del tempo ad un libro che non mi ha fornito nessuna spiegazione, quel tempo l'ho solo perso.E se così non fosse? E se la spiegazione della conclusione fosse stata davanti ai nostri occhi sin dalle primissime pagine ma noi non lo abbiamo capito? E se riusciamo a trovare questa chiave di lettura che dà un senso a tutto il romanzo la delusione possiamo un attimo metterla da parte e pensare che forse questo thriller è stato davvero uno spasso? Ebbene, io ho provato a darmi qualche risposta e, ammetto, mi stp divertendo da matti perché sto trovando le soluzioni dove non me le aspettavo. E il bello è che erano lì, davanti a me, ma non riuscivo a vederle.
Intanto è d'obbligo secondo me riportare la prefazione. E nella prefazione metterò in grassetto le frasi che, ho scoperto dopo, sono fondamentali per la spiegazione dell'intera vicenda. E io che speravo in un seguito, dopo aver letto per l'ennesima volta la prefazione poco fa, ho avuto la mia risposta: non ci sarà nessun seguito. Il libro è bello che finito!
Prefazione<<prima solo una parola: xifoforo>>
Inizia così il libro di mio padre Caleb Traskman. Ho scovato il manoscritto in uno scatolone in fondo alla sua soffitta, dove aveva la fastidiosa tendenza ad accumulare di tutto. Il pacco di fogli formato A4 si nascondeva in quel caos da un anno, ben al caldo sotto un abbaino che, quell'estate, faceva entrare una bella luce del Nord. Mio padre non aveva mai rivelato l'esistenza di quel manoscritto a nessuno, di sicuro l'aveva scritto da solo nella sua immensa villa, davanti al mare, durante quei dieci mesi in cui
mia madre si spegneva in un ospedale, consumata dall'Alzheimer.Quella storia, all'epoca senza titolo, non l'ha conclusa.
Però credo che gli mancassero solo una decina di pagine sulle quasi cinquecento del manoscritto. Non molto di per sé, ma una catastrofe per il genere letterario di cui era diventato uno dei più illustri esponenti. I thriller di mio padre facevano tremare centinaia di migliaia di lettori e avevo tra le mani forse uno dei suoi migliori romanzi. La storia di questa scrittrice, Leane,
fatta della sua stessa stoffa, mi ha catturato e mi ha ricordato fino a che punto i libri di mio padre fossero lo specchio delle sue paure e delle sue peggiori ossessioni.
Penso che fosse in pace con se stesso solo quando riversava sulla carta i suoi incubi. E quanti incubi alla Traskman ci sono in questo romanzo.
E però, il finale? mi direte voi. La conclusione dove tutto si sarebbe dovuto risolvere, dio santo? Perché Caleb traskman, re dell'intrigo e delle grandiose rivelazioni finali, non aveva fornito tutte le risposte?Perché non era arrivato fino in fondo al suo diciassettesimo libro?Avrei potuto credere che si fosse fermato dopo la morte di mia madre e avesse abbandonato il manoscritto, forse perché
già sapeva che tre mesi dopo si sarebbe sparato una pallottola in testa con l'arma di un poliziotto. O forse non era stato in grado di ultimare la storia. Sì, lo avrei potuto pensare se solo certi elementi del testo non mi avessero suggerito il contrario, non mi avessero mormorato all'orecchio che, fin dall'inizio, mio padre sapeva che non l'avrebbe finito. Come se quella ''non-fine'' facesse parte della trama, del ''mistero di Caleb Traskman''.
Un ultimo colpo di scena prima della sua morte.E però sono certo che i più razionali tra voi si domanderanno comunque: perché accanirsi a scrivere un libro senza finale? Perché passare un anno della propria vita a costruire una casa già sapendo che resterà senza tetto? Mentre scrivo c'è ancora un vero enigma da risolvere che riguarda, tuttavia, la sua vita privata.
Quando Evelyne Leconte, la sua editor di sempre, ha saputo dell'esistenza di questo manoscritto, ha dapprima fatto un salto di gioia fino al soffitto. Ma quando lo ha letto e ha scoperto che il libro si riduceva ad un numero di magia senza l'effetto speciale finale, è piombata in una profonda disperazione. Era inconcepibile pubblicare un romanzo postumo di Caleb Traskman senza le sue pirotecniche rivelazioni finali, anche se, presumo, moltissimi suoi lettori ci si sarebbero comunque fiondati sopra.
Così è arrivato il momento degli incontri, delle teorie, del confronto per risolvere il rompicapo proposto da mio padre. I nostri brainstorming negli uffici parigini sono durati settimane. A ogni riunione eravamo una dozzina attorno al tavolo ad aver letto e riletto il manoscritto, ad averne scandagliato ogni pagina per capire perché Caleb avesse sottolineato i palindromi, perché da quel libro emergesse una tale ossessione per i numeri.
In quei momenti di incomprensione e dubbio, ci guardavamo in modo ostile.
Ci siamo a lungo incaponiti sull'incpit, quel <<prima, solo una parola: xifoforo>>. Perché quella frase? Cosa significava davvero? Credetemi, non c'è un solo addetto della casa editrice che oggi non sappia che uno xifoforo è un piccolo pesce d'acqua dolce tropicale chiamato anche
swordtail per la forma della sua pinna caudale. Tutto molto interessante, vero? poi un giorno, Evelyne, che lo conosceva da più di trent'anni, ha suggerito una soluzione. LA soluzione.
Aveva finalmente trovato la chiave, aveva scoperto l'implacabile meccanica della mente contorta di mio padre.
Quel finale era tutto sommato evidente, a ben pensarci, e davanti ai nostri occhi si presentavano tutti gli elementi fin dalle prime (e dalle ultime) parole. Ma , affidata in buone mani, l'evidenza è talvolta quanto di più difficile ci sia da vedere, in quello stava il genio di Caleb Traskman.
Restava solo da scriverlo, quel finale, e allora tutti gli sguardi si sono rivolti verso di me. Non ho il talento del mio patriarca ma, da degno erede, qualche anno prima avevo pubblicato due gialli senza pretese. Verso la fine del roanzo troverete quindi una nota che indica il momento in cui ho iniziato a scrivere io. Noterete anche che abbiamo lasciato tali e quali le parole sottolineate e alcuni altri elementi importanti per la trama. Avete tra le mani ciò che l'estate scorsa ho avuto tra le mie.
C'è qualche punto che non siamo riusciti a risolvere nella stesura di quel finale o che abbiamo dovuto immaginare. Difficile sapere dove mio padre volesse andare a parare esattamente e come avesse previsto di concludere la storia. Di fronte alle lacune che il racconto originale non ci ha permesso di colmare, è stato necessario fare scelte, prendere decisioni che non sarebbero forse state quelle dell'autore. Per misurare la complessità dell'impresa, immaginale la Gioconda senza volto e che chiedano a voi di dipingerlo, quel volto...In ogni caso, spero che la mia conclusione sia all'altezza delle vostre aspettative, ho fatto di tutto perché lo fosse.
E per rispettare fino in fondo il lavoro di Caleb, mantenere fino all'ultima parola lo spirito di questo libro, serviva un finale come quello che scoprirete.
Se siete stati attenti durante la lettura, troverete per forza la risposta alla domanda che vi farete.Ah, un'ultima cosa. Penso ai lettori più assidui di Caleb, che saranno anche i più scettici sulla natura di questo prologo. Immagino ciò che pensano: è Caleb Traskman in persona che scrive queste parole, ne sarebbe di certo capace. Il prologo fa parte della storia, il che implica che Caleb ha scritto anche la fine modificando lo stile di scrittura. E' vostro diritto crederlo e non potrei mai provare il contrario. Ma in fondo poco importa.
Un romanzo è un gioco di illusioni, tutto è vero quanto è falso, e la storia inizia a esistere solo nel momento in cui voi la leggete. Questo libro che state per iniziare (o l'avete già iniziato forse?) si intitola Il manoscritto. E' stata una mia idea e tutta la casa editrice ha approvato. Non c'erano alternative.
J.-L. Traskman<<juste un mot en avant: un xiphophore>>Trascrivo anche l'ultima frase del libro, che per i motivi che spiegherò sotto, diventa fondamentale tanto quanto la prima:
E l'essenza aleggiava nell'eternoEdited by MariShari - 7/11/2019, 15:48